La tradizione della banda costituisce ad Arsoli una realtà significativa per motivi storici e per la specificità di questa esperienza. La vita musicale di Arsoli è stata connotata negli ultimi due secoli dalla presenza di una o più bande musicali cittadine che hanno svolto una funzione socio-culturale importantissima e, in particolare, una diffusa opera di alfabetizzazione musicale.
Se la Banda Musicale è stato un fenomeno sociale di Arsoli, le vicende che la riguardano non possono che intrecciarsi con quelle della Famiglia Massimo che della storia locale è protagonista da secoli. Si deve proprio ai Massimo la nascita, oltre due secoli fa, del primo organico strumentale, tanto che del complesso si hanno notizie già nel 1789 in occasione del passaggio in questo territorio di Pio VI in visita a Subiaco.
Nella pubblicazione di Giuseppe Marocco “Monumenti dello Stato pontificio” del 1836 si cita l’esistenza della banda musicale e la grande passione degli arsolani per la musica, mentre un altro documento del 23 gennaio 1882 comunica al popolo di Arsoli la decisione del Principe Camillo Massimo di sciogliere la banda “per l’abbastanza nota rilassatezza del concerto musicale”. Decisione meramente temporanea, poiché lo stesso Principe, dopo averne rinnovato e ricompattato l’organico, la fece esibire con la nuova divisa di colore rosso scarlatto a Roma il 16 marzo 1883, in occasione del terzo centenario del miracolo operato da San Filippo Neri nei confronti di Paolo Massimo.
Al mantenimento del complesso bandistico ha provveduto sempre la stessa Famiglia con la dotazione degli strumenti, delle divise e assicurando lo stipendio ai maestri tra cui, ultimo in ordine di tempo, fu il valente Angelo Pecchia, discepolo del famoso Alessandro Vessella.
Anche gli accesi conflitti dei primi decenni del 1900 per la conquista del potere politico influenzarono il fenomeno bandistico, tanto che nel 1911 si registra ad Arsoli la presenza di due bande, quella mantenuta dai Massimo che sosteneva la fazione dei “neri”, e quella organizzata dalla famiglia De Angelis e da altri notabili locali che parteggiava per i “bianchi”.
La banda sostenuta dai Massimo continuò comunque a vivere, pur tra alterne vicende, fino alla Prima Guerra Mondiale che ne portò via gli elementi più validi.
Fu questo un fenomeno che andò ben oltre il semplice mecenatismo se si pensa che i contadini, gli operai e gli artigiani che costituivano la stragrande maggioranza dei bandisti, insieme all’alfabetizzazione musicale, ricevettero una più ampia istruzione, così da far annoverare l’attività bandistica tra quelle messe in atto nei secoli dai Massimo per l’elevazione culturale della popolazione.
Notevoli sono le testimonianze del connubio “storico” tra la banda cittadina e i Principi Massimo: dalle partiture datate alle foto d’epoca, dai reperti documentali agli strumenti musicali ultracentenari ancora visibili nel corridoio dell’armeria vecchia del Castello e, in parte, esposti in questo Museo grazie alla concessione della Famiglia.